Spesso, quando qualcosa non va come avremmo voluto o quando qualcosa, o qualcuno ci ferisce, iniziamo a pensare di dover fare qualcosa per recuperare: recuperare la nostra dignità, recuperare la nostra autostima, la nostra felicità.
Arriviamo addirittura a credere di doverci anche vendicare per ristabilire la giustizia persa.
Ma se diamo ascolto a questi pensieri non siamo più in contatto con ciò che davvero ci sta accadendo e soprattutto con il fatto che il fango è semplicemente fango.
Un vecchio maestro zen di nome Dogen Zenji aveva imparato benissimo questo concetto, così quando faceva la sue lunghe passeggiate e si trovava improvvisamente a passare in mezzo al fango non andava in crisi, non cercava di uscirne, non urlava, non correva, né si lamentava. Semplicemente continuava a camminare e prima o poi si ritrovava di nuovo sull’erba.
Per molti di noi è difficile passare nel fango della nostra vita senza lasciarci cogliere dal desiderio di trasformarlo in acqua. Quando l’ansia e gli attacchi di panico ci colgono avviene proprio questo: il nostro corpo inizia a mandarci dei segnali per noi perturbanti e noi iniziamo a rispondere ad essi agitandoci ancora di più, cercando di controllarli, di farli scomparire.
Ma il fango non scompare solo perché lo vogliamo, anzi, la nostra agitazione ci farà sprofondare ancora di più.
E come disse Henry Miller: “l’unico vero miracolo è rimanere immobili“.
Dr.ssa Roberta Guzzardi
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