Avere una predisposizione genetica verso un certo disturbo, non significa presumere che il problema o la malattia si verificheranno con certezza.
In realtà i fattori genetici che favoriscono l’ansia e gli attacchi di panico costituiscono quelli che vengono chiamati “fattori predisponenti”.
Ma i soli fatto “predisponenti” non si traducono in malattia se noni associati a “fattori precipitanti”, relativi agli stili di vita, eventi o periodi stressanti, a malattie debilitanti, o a carenza cronica di sonno (così frequente nelle donne d’oggi), e a “fattori di mantenimento”, tra i quali spicca l’omissione diagnostica, ossia la mancata diagnosi della vera natura del problema e le cure inadeguate.
Usando una metafora potremmo equiparare l’ansia ad una pianta velenosa e la predisposizione genetica alla presenza di un terreno fertile.
Il solo terreno fertile però non può bastare a far nascere la pianta velenosa: sarà anche necessario che qualcuno getti i semi della pianta nel campo (fattori precipitanti) e che questi semi vengano anche innaffiati nel tempo (fattori di mantenimento).
Anche se si avesse un terreno fertilissimo (una elevata predisposizione genetica) ed anche se vi fossero molti semi nella terra (elevata presenza di fattori precipitanti) grazie ad una buon trattamento terapeutico sarebbe possibile evitare di innaffiare il tutto e controbilanciare, dunque, l’iniziale predisposizione.
Nel momento in cui si avvertono problemi di ansia e panico, quindi, sarà fondamentale ricercare un aiuto professionale adeguato grazie alle varie terapie risolutive per il DAP quali la terapia cognitivo-comportamentale, la terapia cognitiva e la terapia breve strategica.
Dott.ssa Roberta Guzzardi
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